Fascicolo sanitario elettronico: “l trattamento dei dati personali da parte di un’Amministrazione pubblica … è sempre consentito se necessario per l’adempimento di un compito svolto nel pubblico interesse o per l’esercizio di pubblici poteri a essa attribuiti”

“Il FSE (Fascicolo Sanitario Elettronico) , a prescindere da un uso più o meno intenso; più o meno etico; più o meno lecito che i governi intendano farne ora ed in futuro, rimane sempre un pozzo al servizio della P.A. da cui attingere dati sensibili al fine di alimentare il fabbisogno di prodotti sanitari, di cavie sociali e merce umana”, denuncia l’avvocato Angelo Di Lorenzo

Al cospetto delle vuote rassicurazioni del Ministro, quanto scritto nella Legge, in particolare nell’art. 9 D.L. 139/2021 che ha modificato l’art. 2-ter co 1-bis D.Lvo 196/2003 (c.d. Legge sulla Privacy), prevede che “il trattamento dei dati personali da parte di un’Amministrazione pubblica … è sempre consentito se necessario per l’adempimento di un compito svolto nel pubblico interesse o per l’esercizio di pubblici poteri a essa attribuiti”.

Quanto ai “pareri del Garante” che, a detta del Ministro, dovrebbero essere una garanzia per i cittadini, ricordiamo che in base al comma 3 dell’art. 9 D.L.139/2021 essi non sono più né necessari né vincolanti quando si riferiscono a materie coperte dal PNRR o agli altri “piani strategici” del governo (pandemia, energia e clima, etc.), bastando che siano “resi nel termine non prorogabile di 30 giorni dalla richiesta, decorso il quale può procedersi indipendentemente dall’acquisizione del parere“.

Dunque nessuna privacy esiste quando ad operare è la P.A., la quale è libera di fare quel che vuole, addirittura derogare alla riservatezza del cittadino per perseguire finalità non espressamente previste dalla Legge ma stabilite dalla Amministrazione stessa, con buona pace della legalità, della trasparenza e della certezza di un uso conforme del trattamento dei dati personali che il Ministro decanta, perchè le rassicurazioni sulla blindatura dei dati contenuti nel FSE verso terzi o privati non è di alcun conforto visto che i pubblici poteri sono molto più pericolosi delle società commerciali e dei privati.

“Il Ministro della Salute Schillaci, intervenendo all’evento Forbes ’Healthcare Summit. Le nuove frontiere della salute’ del 3 luglio scorso, ha sottolineato che il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) non sarà mai accessibile alle società commerciali o a terzi, assicurando che “questo Governo è attento alla sicurezza e alla tutela dei dati personali, soprattutto dei dati particolari e sensibili come quelli che riguardano la salute dei cittadini. Il FSE è molto blindato e dalla lettura del decreto sul fascicolo sanitario elettronico 2.1 si capisce bene ed esattamente chi può avere accesso a quali dati e a quale titolo””. 

Secondo il Ministro lo strumento del FSE non solo serve a “semplificare la vita dei cittadini che potranno accedere da remoto a servizi di base e di migliorare l’appropriatezza delle cure, l’aderenza terapeutica e l’efficienza del nostro servizio sanitario” ma servirebbe altresì a garantire “il massimo livello di privacy dei cittadini” grazie al prescritto parere del Garante per la Protezione dei Dati Personali.

In ogni caso in pochissimi cittadini hanno le possibilità o le competenze per “accedere da remoto” al proprio FSE e, con tale accesso, “semplificare i servizi di base e migliorare l’appropriatezza delle cure”: è pura utopia, al limite della demagogia non tenere conto delle reali capacità delle persone e delle condizioni in cui versano le strutture ed i servizi offerti dal SSN”.

La realtà ci insegna tutt’altro.

Premesso che il FSE, nella sua attuale configurazione, non è uno strumento di nuovo conio del Governo in carica ma è stato pensato da quelli precedenti proprio per permettere alla P.A. di invadere la riservatezza delle persone e, perciò, esso non può garantire di per sé alcun uso morigerato o etico da parte dei pubblici poteri, in quanto il tipo di uso è lasciato alla “sensibilità” di questo o quel Governo.

Di certo abbiamo visto come sono stati utilizzati i dati sanitari dei cittadini per la coercizione degli obblighi terapeutici, e come anche essi sono utilizzati dalle amministrazioni locali (esempio lampante ne è la Regione Puglia).

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