I ragazzi di 20 anni non vogliono andare in guerra a combattere per un conflitto non loro, non vogliono uccidere

Negli ultimi giorni, il dibattito sulla possibilità di reintrodurre la leva obbligatoria è tornato al centro della scena politica italiana e le dichiarazioni della Von der Lyner subito dopo la sua rielezione preoccupano chi sostiene la pace.

La reazione dei giovani a queste prospettive è stata per lo più negativa. Molti di loro non vedono alcun beneficio nel partecipare a conflitti armati che non percepiscono come propri. Come sottolineato Giovanni Frajese in una recente convegno organizzato da La Gente come Noi: “non abbiamo visto i ragazzi di 20 anni reagire durante la pandemia, io sinceramente non li vedo così volenterosi di andare in guerra, quindi spero che a me da questo punto di vista. La seconda, ci stanno propinando il metaverso in tutti i modi, perché non se la fanno col metaverso la guerra? Penso che nessuno dei ragazzi voglia andare in guerra, nessuno abbiamo voglia di andare in guerra, perché non gli conviene, se sono metaversi e vogliono solo vendere prodotti non gli sta riuscendo nemmeno quello, però penso che chiaramente nessuno degli italiani abbia voglia di andare in guerra, di combattere una guerra che non è nostra.”

Queste dichiarazioni rispecchiano un sentimento diffuso tra i giovani, che non trovano alcun incentivo nell’idea di essere coinvolti in conflitti armati. Martin Armstrong, in un’intervista con Big Picture, ha sottolineato come questa situazione ricordi le problematiche del Vietnam: “Affermano che viviamo in una democrazia quando non è così. Non ci viene chiesto se andremo in guerra contro la Russia o la Cina? Lo fanno e basta. E poi veniamo arruolati e se non ti presenti ti mettono in prigione. Questo era il grosso problema del Vietnam. Hai 18 anni, potresti essere arruolato per andare a morire per il tuo paese, ma eri troppo giovane per bere qualcosa o votare. Questa non è esattamente la democrazia.”

Le parole di Armstrong risuonano con quelle dei giovani italiani, che vedono nella prospettiva di una leva obbligatoria un’ingiustizia e una forzatura inaccettabile. La questione della difesa nazionale, quindi, non può essere affrontata senza considerare il rifiuto generazionale di partecipare a conflitti percepiti come lontani dai loro interessi e valori.

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