Il fascicolo sanitario elettronico permette a troppe persone di accedervi, denuncia la dottoressa Barbara Balanzoni. La condivisione dei dati, secondo la dottoressa, porta a gravi violazioni della privacy: si possono fare screenshot e diffonderli. Dove è finito il rapporto di riservatezza tra medico e paziente, se altri possono accedere ai nostri dati sanitari? si chiede.
Chi accede ai dati “se vuole sapere i fatti tuoi, i tuoi screening oncologici, o se hai avuto la clamidia o altre malattie, può farlo.
Accede e vede praticamente tutto: tutte le malattie e tutte le prestazioni sanitarie.
Se qualcuno vuole fare qualcosa che non venga scoperto indipendentemente, uno preferisce che non si sappia, deve pagare, fare gli esami, gli accertamenti privatamente,” e anche questa per la dottoressa Balanzoni è un’ingiustizia palese.
“Occorre andare in un posto dove non ci sia trasmissione e comunicabilità di quello che viene fatto privatamente e pagare per avere la privacy sui propri esami.
Si deve pagare per il silenzio e quindi anche per il segreto professionale, che dovrebbe essere mantenuto comunque.
Il segreto professionale implica che il rapporto medico-paziente rimanga tra il medico e il paziente,” ma con il fascicolo sanitario elettronico le cose cambiano.
“Non si capisce perché altri possano avere accesso al fascicolo sanitario, dove magari saltano fuori esami che diventano di pubblico dominio. È possibile fare screenshot, foto, e violare facilmente la privacy delle persone. Abbiamo già avuto mille ragioni e abbiamo visto quante di queste violazioni ci sono state.
I dati inseriti nel fascicolo sanitario elettronico sono poi di appannaggio, di proprietà, di controllo del Ministero delle Finanze, e qui c’è qualcosa che non va: non si capisce perché il fascicolo sanitario elettronico debba fare riferimento al Ministero delle Finanze, a meno di non voler pensare che il Ministero delle Finanze entri in modo invasivo nella vita dei cittadini.
Noi paghiamo le tasse e una grossa fetta va nella sanità, una sanità che non solo non cura ma addirittura fa danno e che cede i dati al Ministero delle Finanze.
In questo mondo distopico, prima avvengono le violazioni e poi vengono normalizzate.
Prima avviene la negazione, la violazione di diritti sanciti costituzionalmente, che non valgono più nulla, e poi interviene successivamente una sentenza della Corte Costituzionale a giustificare questa violazione. Il sistema è completamente andato in cortocircuito”.
Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.
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