“Abbiamo trasformato la realtà in qualcosa definito dal software, chi controlla il software controlla gli oggetti”, padre Paolo Benati, …e noi “possediamo gli oggetti ma siamo solo i licenziatari del software”

“Quello che prima era fatto di pezzi di hardware, fatto di optional che venivano acquistati prima ed erano elementi diversi all’interno della macchina, oggi è diventato una piattaforma software”, denuncia Padre Paolo Benati al convegno “L’algoritmo al servizio dell’uomo: comunicare nell’epoca dell’intelligenza artificiale”.

“La macchina quando la si compra, include tutto ciò di cui si ha bisogno; le funzioni che abilita o disabilita sono gestite da un software che si può scaricare e pagare tramite una comoda fee mensile.

Abbiamo trasformato la realtà in qualcosa definito dal software. Se entrassimo in uno dei tanti supermercati di Roma, noteremmo che le casse per pagare non sono semplici registrazioni di cassa, ma sono computer che regolano gli ordini sugli scaffali, monitorano le prestazioni dei dipendenti, e migliorano l’efficienza nel proporre altri prodotti, offrendo anche buoni sconto per pagare la bolletta e altro ancora.

Che cosa accadrebbe se quel software si rompesse? La natura stessa del luogo cambierebbe per sempre: quel posto non sarebbe più un supermercato, ma diventerebbe un magazzino in cui niente può entrare o uscire.

Pensate a un ospedale: se uno di quegli attacchi informatici, i famosi ransomware, dovesse colpire e prendere il controllo di un ospedale, la natura stessa del luogo cambierebbe. Potrebbe diventare una sala d’attesa o, a seconda della gravità dei pazienti, anche una morgue.

Quello che è accaduto negli ultimi 70 anni è una trasformazione della realtà guidata dal software, con una novità unica: quando si acquista una macchina, si acquista l’hardware, ma il software viene solo concesso in licenza… E questo introduce una novità nelle relazioni di possesso rispetto agli oggetti che caratterizzano le funzioni sociali di cui stiamo parlando; pensiamo alla pubblica amministrazione, pensiamo anche alla comunicazione.

Possediamo gli oggetti, ma siamo solo gli utilizzatori del software; chi controlla il software controlla gli oggetti. E se il diritto romano ci diceva che la proprietà era connessa all’usus e all’abusus, cioè alla possibilità di usare o distruggere qualcosa, ci diceva anche che chi aveva la proprietà aveva diritto anche al fructus, cioè alla possibilità di gestire i proventi derivanti dall’uso di quel bene. La licenza sul software ci priva del fructus.

Il fructus è nelle mani di chi sostanzialmente possiede il software.

I grandi colossi della tecnologia sono i primi ad averci fatto notare che questo nuovo modello di business produce dei vantaggi non indifferenti. Gli economisti sono in grado di parlare di una trasformazione chiamata commoditizzazione della realtà.

Mi spiego: se vendete auto a motore termico, la benzina è una commodity dell’auto, cioè potete acquistare l’auto dal produttore e poi comprare la benzina da chi preferite. Ecco, il software rende la realtà una commodity per il proprietario del software.

Potete comprare il PC da chi preferite, ma il sistema operativo è prodotto solo da grandi aziende. Questa trasformazione, direbbe Paul Ricardo a Napster, ci invita a riflettere, perché una volta applicata a strutture sociali già caratterizzate o strutturate in un certo modo, questa separazione del fructus e il rischio che l’hardware o l’infrastruttura diventino commodity del software possono avere effetti notevoli sulle relazioni fisiche.”

Fonte

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