Epidemie: il nemico, in passato l’agente patogeno, ora la persona che lo trasmette, da qui il controllo della popolazione

Il cambiamento epocale e filosofico in fatto di epidemie è iniziato nel 1997 con una conferenza con Anthony Fauci: il nemico era l’essere umano come vettore, non più il virus. La denuncia arriva dal professor Aaron Cariotti, esperto di bioetica. Da qui è discesa la necessità di controllare la popolazione per controllare il virus.

Il cambiamento in termini teorici “lo faccio risalire al 1997, quando ci fu una conferenza a Washington sponsorizzata o organizzata da Anthony Fauci, in cui ci fu questo cambiamento molto sottile nel caratterizzare, diciamo, il nemico quando si tratta di epidemie”, spiega in una recente intervista il professor Aaron Cariotti.

“Tradizionalmente, nelle epidemie o nelle pandemie, la minaccia o il nemico era l’agente patogeno. La salute pubblica tradizionale lavora per difendersi dall’agente patogeno, rafforzando così la risposta immunitaria dell’ospite attraverso comportamenti più sani. Isolando o mettendo in quarantena i malati, le persone sintomatiche che sappiamo possono diffondere la malattia. Per poi usare, curare i malati, ovviamente, le persone che si erano già ammalate. Sei poteva si utilizzavano misure preventive come i vaccini per proteggere le persone dall’agente patogeno. In questa sanità pubblica tradizionale, l’agente patogeno è visto come una cosa che dobbiamo combattere senza virgolette.

Ciò che accadde alla Conferenza del 1997 fu che invece di vedere l’agente patogeno come un nemico, l’umanità stessa fu caratterizzata come il problema. Il problema da risolvere era l’essere umano, vettore di malattie. E se consideriamo gli esseri umani come vettori di malattie come il problema da risolvere, allora la soluzione deve richiedere il controllo totale sull’intera popolazione. Ed è da qui che nasce la sorveglianza a livello sociale come strumento di sanità pubblica.

E quindi faccio risalire qui la nascita o la concezione dello stato di sicurezza biomedica a quel sottile cambiamento nella salute pubblica, che ha enormi implicazioni politiche, enormi implicazioni per ciò che deve essere fatto in uno stato di emergenza in termini di sorveglianza a grana molto fine, e controllo non solo sui comportamenti delle persone legati alla salute, ma anche sui movimenti delle persone, sai, sugli assembramenti di persone negli spazi pubblici. Tutto questo, tutta questa roba diventa concepibile nella mente dei funzionari della sanità pubblica se credono che il nostro compito sia fondamentalmente controllare tutta l’umanità, impedire alle persone di incontrarsi, in modo che non diffondano un virus.

L’idea è che ognuno di noi rappresenta un rischio biologico“, per cui anche gli asintomatici vanno bloccati, cosa mai accaduta nella storia precedente.

Qui potete ascoltare l’intervista completa: https://www.illusionconsensus.com/p/episode-13-dr-aaron-khariety-on-the#details

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.

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