In memoria Benedetto XVI, il Papa contro il nazismo: “la bestia è un numero che ci trasforma in numeri”

«La Bestia è un numero, e ci trasforma in numeri. Dio nostro Padre invece ha un nome, e chiama ciascuno di noi per nome. È una persona, e quando guarda ciascuno di noi vede una persona, una persona eterna, una persona amata».

Queste parole abissali furono proferite dal cardinale Joseph Ratzinger in un discorso ai preti e ai seminaristi a Palermo, il 15 marzo 2000.

Da papa ha preso il nome di Benedetto XVI è morto a 95 anni, e si era dimesso nel 2013 dopo un pontificato durato 8 anni, fu un forte critico del nazismo. Josef Ratzinger nel 1945 abbandonò l’esercito tedesco e fu tenuto prigioniero di guerra dagli americani; è stato rilasciato quando la seconda guerra mondiale si è conclusa. Nel 1946 andò a studiare per il sacerdozio e fu ordinato sacerdote cinque anni dopo. Ha conseguito il dottorato in teologia nel 1953. Josef Ratzinger entra in carica come vescovo di Monaco nel 1977.

“Mentre la brillantezza di questa eredità intellettuale durerà certamente, dovrà anche fare i conti con le ombre delle numerose controversie che hanno segnato il tempo di Benedetto come papa e, successivamente, come papa emerito”, scrive Matteo Schmalz
Professore di Scienze Religiose, Collegio della Santa Croce, su The Conversation.

“Nel 2005, Ratzinger fu eletto papa. Scelse il nome “Benedetto” in onore di Benedetto da Norcia, il fondatore del monachesimo occidentale, un movimento religioso che preservò la cultura occidentale dopo la caduta di Roma. Il nome “Benedetto” riconosceva anche Benedetto XV, un papa molto trascurato che cercò di mediare un accordo di pace per porre fine alla prima guerra mondiale.

Come papa, Benedetto ha continuato la sua scrittura teologica e ha prodotto tre importanti encicliche o lettere papali.

La prima enciclica, Deus caritas est, ovvero “Dio è amore”, difende la “carità” come amore gratuito. La carità non è semplicemente una buona azione, ma un atto che cambia sia il donatore che il ricevente.

La seconda enciclica, Spe salvi, o “Salvati nella speranza”, riflette sulla speranza che Dio dà agli esseri umani in un mondo che spesso sembra senza speranza.

Nella terza enciclica, Caritas in veritate, o “Carità nella verità”, Benedetto sostiene che la carità è fondamentalmente legata alla giustizia. E quando si tratta di questioni di progresso e realizzazione umana, non possiamo riporre la nostra fiducia nello stato-nazione o nelle economie di mercato perché “senza Dio, l’uomo non sa da che parte andare, né capisce chi è”.

Queste lettere papali tentano di difendere il cristianesimo in un mondo che Benedetto credeva stesse diventando sempre più ostile alla fede religiosa. Ciò che colpiva nel pensiero di Benedetto – anche per i suoi critici teologici – era l’eleganza con cui presentava la sua tesi a favore di Cristo e del potere trasformante del cristianesimo come fonti di verità, bellezza e amore. Ma molto prima di diventare papa, Benedetto ha ammesso che il cristianesimo avrebbe continuato a perdere terreno culturale ea ridursi a un gruppo sempre più ristretto di fedeli credenti. Scrivendo nel 1969, Ratzinger predisse che la Chiesa avrebbe dovuto “ricominciare dall’inizio”, il che significava che un giorno il cristianesimo avrebbe dovuto ricostruirsi dalle sue fondamenta”.

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