La pandemia, unita la calo delle nascite, ha fatto calare la popolazione in Italia

“Alle conseguenze dirette e indirette dell’epidemia da Covid-19 sulla dinamica demografica osservate nel 2020 (drammatico eccesso di mortalità, forte contrazione dei movimenti migratori), nel corso del 2021 si aggiungono gli effetti recessivi dovuti al calo delle nascite che raggiungono un nuovo minimo storico dall’Unità d’Italia”, lo dice l’ultimo censimento della popolazione, riferito allo scorso anno, il 2021.

“Il decremento di popolazione tra l’inizio e la fine dell’anno 2021 interessa in modo generalizzato tutte le ripartizioni, solo parzialmente mitigato nei suoi effetti dai recuperi statistici di popolazione operati dal censimento. Il Nord-ovest è ancora in perdita (-0,4%), sebbene di entità inferiore rispetto a quella dell’anno precedente (-0,6% nel 2020), mentre nel Nord-est il deficit di popolazione si aggrava (-0,4% rispetto a -0,3% del 2020); lo stesso si verifica al Centro (da -0,4% del 2020 a -0,5% del 2021). In controtendenza è il recupero al Sud e nelle Isole (di un punto percentuale sul 2020), anche per effetto della correzione censuaria.

Il nuovo record minimo delle nascite (400mila) e l’elevato numero di decessi (701mila) aggravano la dinamica naturale negativa che caratterizza il nostro Paese nell’ultimo decennio. Il saldo naturale, pari a
-301mila unità nel 2021; sommato alle -335mila già rilevate nel 2020 determina in due anni di pandemia un deficit di “sostituzione naturale” di 637mila persone.

Il saldo naturale è negativo in tutte le regioni, con l’eccezione della Provincia autonoma di Bolzano (+193 unità) che si caratterizza per una natalità più alta della media. Il tasso di crescita naturale, pari a -5,1 per mille a livello nazionale, varia dal +0,4 per mille di Bolzano al -9,3 per mille della Liguria. Le regioni che più delle altre vedono peggiorare il tasso naturale sono il Molise (da -7,9 per mille a-9,0) e la Calabria (da
-3,8 per mille a -5,1). La Lombardia (da -6,6 per mille a -3,9) e la Provincia autonoma di Trento (da -4,6 per mille a-2,2) registrano invece i recuperi più elevati rispetto al 2020.

I nati sono stati appena 400.249 nel 2021, in diminuzione dell’1,1% rispetto al 2020 e quasi del 31% nel confronto con il 2008, anno di massimo relativo più recente delle nascite. La geografia delle nascite mostra un calo generalizzato in quasi tutte le ripartizioni, con i valori più alti al Sud (-2,7%) e un’unica eccezione nel Nord-est dove si registra un lieve incremento (+0,1% sul 2020).

L’andamento delle nascite nel corso del 2021 consente di avere un quadro più dettagliato delle conseguenze dell’epidemia dal punto di vista demografico, visto che il calo osservato nel 2020 (-3,6% rispetto al 2019) è stato solo in parte dovuto a tali effetti.

I primi effetti sulle nascite riferibili ai concepimenti di marzo e aprile 2020 (primo lockdown), osservabili a partire dagli ultimi due mesi dell’anno, soprattutto a dicembre 2020 (-10,7%), si sono riscontrati anche nei primi due mesi del 2021 (Figura 4). Il deficit di nati a gennaio 2021 (-13,2%), tra i più ampi mai registrati, lascia pochi dubbi sul ruolo svolto dall’epidemia. Il crollo delle nascite tra dicembre 2020 e febbraio 2021, da riferirsi ai mancati concepimenti durante la prima ondata pandemica, è sintomo della posticipazione dei piani di genitorialità che si è protratta in modo più marcato nei primi sette mesi, per poi rallentare verso la fine dell’anno.

L’illusoria impressione di superamento dell’emergenza percepita a maggio 2020 può aver determinato l’aumento dei nati a marzo 2021, mese in cui si osserva una lieve inversione di tendenza (+4,9%) rispetto allo stesso mese dell’anno precedente; si tratta dei nati concepiti durante l’inizio della fase di transizione tra le due ondate epidemiche del 2020.

Il trend rimane ancora debolmente positivo ad aprile del 2021 (+1,5% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente), per poi tornare negativo soprattutto nei mesi di giugno (-5,6%) e luglio (-5,3%), in corrispondenza del calo dei concepimenti durante la seconda ondata epidemica. Questa tendenza negativa rallenta a partire da agosto 2021. L’aumento successivo registrato negli ultimi due mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2020 (+7,0% a novembre e +14,3% a dicembre) resta però ancora ben sotto la media di periodo pre-pandemia 2015-2019 (rispettivamente -11,7% e -5,1%).

L’impatto del Covid-19 sulla dinamica demografica resta elevato nel 2021: il totale dei decessi (701.346), sebbene in diminuzione rispetto all’anno precedente (quasi 39mila in meno), è ancora dell’8,6% superiore alla media 2015-2019.

A differenza di quanto accaduto nel 2020, nel 2021 l’eccesso di mortalità rispetto alla media 2015-2019 non è concentrato al Nord ma si manifesta su tutto il territorio, soprattutto nel Mezzogiorno (+11,0% di decessi), con regioni come Puglia (+16,2%) e Molise (+10,8%) ben sopra la media nazionale (+8,6%). Al Nord solo la Provincia autonoma di Bolzano e il Friuli-Venezia Giulia presentano un eccesso superiore al 12%.

Il tasso di mortalità, pari a 11,9 per mille abitanti a livello nazionale nel 2021, vede al primo posto la Liguria (14,9 per mille) e all’ultimo la Provincia autonoma di Bolzano con solo il 9,3 per mille.

Segnali positivi si registrano per i movimenti migratori, in aumento rispetto al 2020. Al netto degli aggiustamenti anagrafici (iscrizioni e cancellazioni per altri motivi), la dinamica migratoria complessiva (movimenti interni e con l’estero) nel 2021 sembra tornare lentamente ai livelli pre-Covid. Nel complesso, l’ammontare dei trasferimenti interni e con l’estero risulta in aumento rispetto sia all’anno precedente (+9,1%) sia alla media del quinquennio 2015-2019 (+3,5%).

I movimenti tra comuni, che avvengono prevalentemente dalle regioni del Mezzogiorno verso quelle del Nord e del Centro, hanno coinvolto 1 milione e 423mila persone (+6,7% rispetto al 2020). Se si considera la media del periodo 2015-2019 l’aumento dei trasferimenti interni dell’anno 2021 è del 4,7%. Il tasso migratorio interno oscilla tra il -4,7 per mille della Basilicata e il 2,9 per mille dell’Emilia-Romagna. Tutte le regioni del Mezzogiorno presentano valori negativi.

Nonostante il saldo migratorio con l’estero mostri segnali di ripresa (+160mila), i movimenti migratori internazionali restano pressoché stabili rispetto alla media 2015-2019. Le iscrizioni dall’estero, 318.366 in tutto, aumentano del 28,6% rispetto al 2020, recuperando sostanzialmente i livelli del quinquennio pre-Covid (+0,2% sul 2015-2019). Le cancellazioni verso l’estero (158.312 in totale) risultano invece in calo sia rispetto all’anno della pandemia (-1,0% sul 2020) che al periodo pre-Covid (-0,5% sul 2015-2019)”.

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