Non vuole vaccinare il figlio. I motivi per cui il giudice gli ha dato ragione. La sentenza

“Il criterio di valutazione in base al quale ricomporre tale unitarietà è quello del migliore interesse del minore (cd. best interest). (…) La somministrazione di un trattamento sanitario, di cui non risulta nota la frequenza di importanti effetti collaterali a breve e soprattutto a medio-lungo termine, per fronteggiare rischi medici che possono ragionevolmente dirsi remoti non corrisponde a una ragionevole applicazione del principio di prudenza (precauzione)”,  si legge nelle sentenza firmata dal giudice Lucia Leoncini.

“In definitiva, salvo casi peculiari attinenti a specifiche condizioni del minore che rendano più elevato rispetto alla media generale il rischio di sviluppare una malattia grave dall’infezione da Covid19, condizioni che nel caso di specie non sono state in alcun modo allegate, il Tribunale non può quindi ragionevolmente ritenere corrispondere al miglior interesse, anche medico, del minore la somministrazione dei preparati vaccinali attualmente in uso per la malattia da Sars-Cov-2.

I dati statistici sul Covid nei minori citati nella sentenza

– nella fascia d’età 0-18 anni, quella qui di interesse, si sono registrati (al 1 marzo 2022) 49 decessi a fronte di 2.661.064 di contagi, per una percentuale di letalità dello 0,001841%, e a fronte di 9.917.276 di persone totali rientranti nella fascia d’età (dato ISTAT disponibile riferito al 1.1.2021), per una percentuale di mortalità dello 0,000494%; – nella fascia d’età 0-18 anni, inoltre, si sono registrati (al 1 marzo 2022) 320 ricoveri in terapia intensiva a fronte di 2.661.064 di contagi, per una percentuale dello 0,012025% e a fronte di 9.917.276 di persone totali rientranti nella fascia d’età, per una percentuale dello 0,003227%.

Il beneficio del vaccino, nella fascia d’età considerata, è quindi la possibile riduzione di eventi che si sono verificati di media in meno di due casi su 100.000 contagiati, e in meno di 5 casi su 1.000.000 di bambini, per quanto attiene al decesso; e in poco più di un caso su 10.000 contagiati, e in circa 3 casi su 100.000 bambini, per quanto attiene al ricovero in terapia intensiva.

Le considerazioni non si prestano ragionevolmente a mutare conferendo rilevanza alla possibile incidenza delle vaccinazioni effettuate sui minori, posto che nella fascia d’età 0- 5 esse non sono consentite e nella fascia successiva si attestano su tassi molto ridotti rispetto alla popolazione nazionale.

I foglietti illustrativi dei medicinali

“I vaccini anti Sars-Cov-2 attualmente in uso in Italia, ossia il vaccino Comirnaty/Pfizer e Spikevax/Moderna, sono univoci nell’indicare nel proprio foglio illustrativo, messo a pubblica disposizione sul sito dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), con ultimo aggiornamento in data 23.2.2022, che il vaccino “non è raccomandato nei bambini di età inferiore a 12 anni”. Quanto al nuovo vaccino Nuvaxovid, il foglio illustrativo estende l’espressa raccomandazione di non uso fino ad anni 18.

L’autorità giudiziaria non può considerarsi ragionevolmente legittimata ad autorizzare l’utilizzo di un farmaco che l’autorità sanitaria a ciò preposta raccomanda di non utilizzare in casi analoghi a quelli posti a base della domanda (nella specie, fascia d’età inferiore a 12 anni).

Ciò già di per sé costituisce dato significativo atto a condurre al rigetto del ricorso per quanto attiene ai due figli più piccoli.
In ogni caso, considerata la loro età prossima al compimento degli anni 12 e avendo riguardo altresì alla domanda di autorizzazione afferente l’altro figlio, già ultradodicenne, sono da spendere le seguenti considerazioni.

Nel caso dei minori di anni diciotto, l’ordinamento presume l’insussistenza di una piena capacità d’agire e richiede, al fine di supplirvi, l’intervento di chi tale piena capacità d’agire possegga, ossia il padre e la madre o chi ne fa le veci. Al fine di supplire alla carente capacità d’agire del minore, l’ordinamento richiede il consenso di tutti i soggetti legalmente depositari della potestà genitoriale (salvo casi di limitazione o ablazione di questa).

Non è specificata la frequenza degli effetti avversi

Per quanto attiene invece ai possibili rischi, deve innanzitutto osservarsi come ancora il foglio illustrativo dei due sieri oggi disponibili per i soggetti minorenni dichiari “non nota” la “frequenza” degli eventi avversi più gravi, come reazioni allergiche gravi e reazioni impreviste del sistema immunitario. Per entrambi i vaccini, inoltre, è specificato che essi comportano “un aumento del rischio di miocardite (infiammazione del cuore) e pericardite (infiammazione del rivestimento esterno del cuore)” e che queste condizioni “sono state osservate più spesso”, tra l’altro, “nei maschi più giovani”, quali sono, in particolare, due dei tre minori di cui si discute nel presente giudizio.

I vaccini non prevengono il contagio

Sempre in ordine ai possibili benefici del vaccino, occorre considerare il dato empirico per cui i vaccini attualmente disponibili contro l’infezione da Sars-Cov-2 non valgono ad evitare il contagio: trattasi di aspetto che può considerarsi notorio alla luce dello sviluppo della situazione epidemiologica e confermato dalle indicazioni terapeutiche dei vaccini, desumibili dai fogli illustrativi sopra richiamati, le quali riguardano la prevenzione della “malattia causata dal virus SARS-CoV-2” e non il contagio o la trasmissione del virus stesso.

I vaccini sono sperimentali

Giova, inoltre, ricordare che i vaccini attualmente in uso in Italia sono stati autorizzati “sotto condizione” da parte dall’autorità europea, poiché non risulta completata la necessaria IV fase di sperimentazione: ciò, di per sé, dovrebbe indurre a particolare cautela specialmente ove si voglia somministrare il vaccino a soggetti che, per fascia di età, per un verso non presentano rischi di esposizione grave al virus (rectius, per i quali la possibilità di sviluppare malattia grave a seguito di contagio da infezione Sars-Cov-2 è percentualmente minima), per altro verso sono ancora in fase evolutiva e di sviluppo in tutti i sensi e devono quindi essere destinatari di tutela rafforzata anche sotto questo aspetto, specie in considerazione delle attuali limitate conoscenze che si hanno anche nella comunità scientifica in ordine ai possibili effetti avversi, non solo a breve termine ma soprattutto a medio-lungo termine, che tali vaccini possono indurre nonché, di contro, della protezione non conosciuta e non totale che gli stessi offrono (le stesse casefarmaceutiche produttrici indicano, nei fogli illustrativi, che non soltanto “potrebbe non proteggere completamente tutti coloro che lo ricevono”, ma anche che non è “nota la durata del periodo di copertura”).

L’interesse a preservare la salute del singolo prevale su quella collettiva, lo sancisce la costituzione

Né la valutazione così formulata in merito a come debba esser declinato, in casi analoghi a quello di specie, il parametro del miglior interesse del minore si presta a essere modificata per bilanciamento con contrapposte esigenze di interesse pubblico.
Al riguardo, va osservato che, secondo i principi affermati dalla Corte Costituzionale (cfr., per la particolare chiarezza, sent. n. 5/2018, pronunciata peraltro in caso di obbligo vaccinale, nella fattispecie insussistente), la duplice valenza del diritto alla salute nella prospettiva dell’art. 32 Cost., come diritto fondamentale e come interesse della collettività, non può comportare una sistematica prevalenza del secondo versante (interesse pubblico) sul primo (diritto individuale). Al contrario, la prevalenza del versante pubblicistico deve ritenersi consentita soltanto in ipotesi eccezionali da declinare secondo il principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost. e da individuare nel rispetto di una riserva di legge. In questa prospettiva, l’effettuazione del bilanciamento (giudizio di tollerabilità) tra possibili effetti collaterali e possibili benefici, richiesto dalla stessa giurisprudenza citata, non può che avvenire tra termini omogenei rappresentati entrambi dal parametro del ricevente il trattamento, e non tra termini disomogenei ossia tra gli effetti collaterali per il ricevente e i benefici per la collettività. E nel caso della vaccinazione anti-Covid19 per i minori appare ragionevolmente dimostrato che tale comparazione faccia propendere nel senso sopra dettagliato, ciò da cui consegue che in mancanza di una volontà univoca da parte del soggetto e, in caso di incapaci, dei loro rappresentanti il principio di precauzione della salute personale del minore debba necessariamente prevalere sull’interesse pubblico in virtù delle considerazioni sopra esposte.

In altre parole, il criterio del miglior interesse del minore ha per sua natura carattere individuale e specifico e come tale di regola preponderante rispetto all’interesse pubblico, a motivo della speciale tutela che l’ordinamento richiede di conferire ai minori quali soggetti deboli e bisognosi di protezione.

Nel caso di specie, va inoltre considerato che l’interesse pubblico alla non saturazione degli ospedali appare ragionevolmente estraneo rispetto alla valutazione, alla luce dei dati sopra indicati che attestano il carattere marginale dei ricoveri dei minori nelle terapie intensive.

Ancora, non è suscettibile di condurre a differenti valutazioni il bilanciamento con altri interessi, quale la tutela della salute altrui ovvero la garanzia e sviluppo dalla vita sociale e relazionale dei minori.

Sotto il primo profilo, può infatti richiamarsi quanto già osservato circa la non finalizzazione dei vaccini anti-Covid19 a prevenire il contagio e circa l’oggettiva improbabilità che la situazione dei minori gravi in modo sensibile sul sistema ospedaliero”.

Firmato dal giudice Lucia Leoncini

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