Amnesty International fa un quadro impietoso dell’Italia: anziani isolati nelle Rsa, ostacoli all’aborto, problemi sul lavoro

Nell’ultimo rapporto di Amnesty International l’Italia ne esce davvero male. Sono situazioni che in molti hanno più volte denunciato inascoltati e che purtroppo in molti casi persistono ancora. Vediamo cosa dicono.

“Alcuni datori di lavoro hanno messo a tacere gli operatori sanitari e assistenziali che avevano sollevato preoccupazioni sulle condizioni di lavoro nelle strutture per anziani durante la pandemia da Covid-19. Alle persone anziane nelle case di riposo è stato negato un contatto effettivo con il mondo esterno. La violenza contro le donne è persistita e gli ostacoli all’accesso all’aborto non sono stati affrontati. Il parlamento non è riuscito a estendere la protezione contro i crimini d’odio alle persone aggredite a causa del genere, dell’identità di genere o dell’orientamento sessuale. I migranti con status irregolare sono rimasti esposti a sfruttamento e abusi. La cooperazione con la Libia in materia di migrazione è proseguita, nonostante le violazioni. Le autorità hanno continuato a criminalizzare le azioni di solidarietà verso rifugiati e migranti alle frontiere. La tortura è rimasta motivo di preoccupazione.

 

CONTESTO

A luglio, il governo ha prorogato fino alla fine dell’anno lo stato d’emergenza per combattere la pandemia da Covid-19. A settembre, inoltre, ha reso obbligatorio il “green pass per il Covid-19”, che dimostri la prova della vaccinazione, la guarigione dal Covid-19 o un risultato negativo del test, per accedere ai luoghi di lavoro pubblici e privati. La misura ha scatenato manifestazioni in alcune città. A Roma, le proteste sono diventate violente, quando centinaia di persone guidate dai capi di un partito di estrema destra hanno saccheggiato la sede nazionale del principale sindacato di sinistra.

 

DIRITTI DEI LAVORATORI

Gli operatori sanitari e sociosanitari che avevano sollevato preoccupazioni per le condizioni di lavoro precarie e insicure nelle strutture residenziali per anziani durante la pandemia da Covid-19 sono stati sottoposti a procedimenti disciplinari ingiusti e hanno subìto ritorsioni da parte dei datori di lavoro. Invece di affrontare le loro preoccupazioni sull’uso di dispositivi di protezione individuale e sul numero reale di casi di Covid-19 nelle strutture residenziali per anziani, i datori di lavoro hanno utilizzato licenziamenti ingiusti e misure antisindacali per metterli a tacere1.

A maggio, un tribunale del lavoro di Milano ha giudicato ingiusto il licenziamento di un lavoratore in outsourcing che, a marzo 2020, aveva denunciato violazioni delle norme di sicurezza in una struttura residenziale privata per anziani. La corte ha riconosciuto che le sue rivelazioni erano di interesse pubblico per prevenire i decessi.

 

DIRITTO ALLA SALUTE

I diritti dei residenti anziani nelle case di riposo a una vita privata e familiare hanno continuato a essere violati, con un isolamento prolungato che ha causato un deterioramento della loro salute fisica e mentale. Sebbene a maggio siano state nuovamente permesse le visite dei familiari in possesso di un certificato Covid-19 e a settembre la cosiddetta legge sul “green pass” abbia riconosciuto il diritto alle visite quotidiane, molte residenze per anziani private e pubbliche hanno continuato a negare ai loro ospiti contatti effettivi con il mondo esterno.

A fine anno non era stata ancora istituita una commissione d’inchiesta sulla risposta delle autorità al Covid-19 nelle strutture residenziali per anziani.

 

VIOLENZA CONTRO DONNE E RAGAZZE

I livelli di violenza contro le donne sono rimasti elevati. In totale sono state uccise in casi di violenza domestica 102 donne, 70 delle quali da partner o ex partner. A dicembre, il governo ha approvato un disegno di legge per rafforzare le misure per prevenire la violenza contro le donne e la violenza domestica. Queste comprendevano l’accesso a un risarcimento provvisorio anticipato durante le indagini penali per le vittime che denunciano l’abuso e poteri più ampi per le autorità di adottare misure di sorveglianza e coercitive contro i perpetratori.

 

DIRITTI SESSUALI E RIPRODUTTIVI

L’accesso all’aborto ha continuato a essere ostacolato a causa di un numero costantemente elevato di medici e altri operatori sanitari che si rifiutano di fornire assistenza all’aborto.

 

DIRITTI DELLE PERSONE LESBICHE, GAY, BISESSUALI, TRANSGENDER E INTERSESSUATE

A ottobre, il senato ha bloccato un disegno di legge volto a combattere la discriminazione e la violenza basate su sesso/genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità. Il disegno di legge avrebbe esteso alle persone Lgbti, alle donne e alle persone con disabilità le stesse tutele a disposizione delle vittime di incitamento all’odio e di crimini d’odio basati su moventi razzisti, religiosi, etnici e nazionalisti.

 

DIRITTI DI RIFUGIATI E MIGRANTI

È stato stimato che, a fine anno, almeno 300.000 migranti erano ancora senza documenti, circostanza che ha reso difficile per loro il godimento dei diritti e li ha lasciati esposti agli abusi. La misura di regolarizzazione avviata nel 2020, che mirava a garantire che le persone con status irregolare potessero ottenere permessi di soggiorno e di lavoro e accedere ai servizi sanitari durante la pandemia, ha raggiunto risultati limitati, secondo gli ultimi dati disponibili a fine anno. A partire da agosto circa 60.000 persone avevano ottenuto qualche documentazione, circa un quarto delle 230.000 che avevano fatto richiesta, mentre decine di migliaia di domande erano ancora in sospeso. A maggio, un sindacato di base ha indetto uno sciopero nazionale dei lavoratori agricoli migranti, per protestare contro l’inadeguatezza della misura di regolarizzazione. Molte persone con status irregolare non hanno potuto vaccinarsi, nonostante le misure adottate da alcune autorità per prestare loro assistenza. A settembre, il governo ha annunciato un piano per vaccinare, su base volontaria, rifugiati e migranti all’arrivo negli hotspot e nei centri di accoglienza. Migliaia di migranti hanno continuato a lavorare in condizioni di sfruttamento e a vivere in situazioni inadeguate negli insediamenti informali. Sono anche stati esposti ad attacchi razzisti e xenofobi.

Ad aprile, tre braccianti africani a bordo di un’auto, di ritorno alle loro abitazioni a Rignano, in provincia di Foggia, sono stati raggiunti da spari esplosi da persone su un’altra auto. Due di loro sono stati feriti, di cui uno in modo grave. Le autorità hanno aperto un’indagine. A ottobre, dopo una visita, il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani ha rilevato che i lavoratori migranti impiegati nell’agricoltura, nelle industrie dell’abbigliamento e della logistica erano intrappolati in un ciclo di sfruttamento, schiavitù del debito e violazioni dei diritti umani.

A gennaio, il tribunale civile di Roma ha dichiarato illegittima l’espulsione di un cittadino pakistano in Slovenia e successivamente in Croazia e Bosnia ed Erzegovina. Il giudice ha ritenuto che la pratica delle cosiddette “riammissioni informali”, effettuata sulla base di un accordo bilaterale con la Slovenia, violasse il diritto nazionale e internazionale dei diritti umani. In seguito alla presa del potere da parte dei talebani in Afghanistan, l’Italia ha fatto evacuare 4.890 cittadini afgani.

Ad aprile, il garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale ha pubblicato un rapporto fortemente negativo, in seguito alle sue visite a 10 centri di permanenza per il rimpatrio, effettuate tra il 2019 e il 2020. Il garante ha criticato le lacune legislative e regolamentari che ostacolano la protezione delle persone e le condizioni di detenzione gravemente inadeguate.

A maggio, Moussa Balde, cittadino della Guinea, si è ucciso mentre era detenuto nel centro di permanenza per il rimpatrio di Torino; era il sesto decesso in tali centri dal giugno 2019. Le autorità hanno dato priorità alla sua procedura di espulsione invece che alla sua salute, nonostante il fatto che fosse appena sopravvissuto a un’aggressione violenta da parte di tre cittadini italiani. Il reparto di isolamento dove era detenuto è stato chiuso a settembre, su raccomandazione del garante.

Cooperazione con la Libia

A fine anno, 32.425 rifugiati e migranti erano stati catturati in mare dalla guardia costiera libica, sostenuta dall’Italia e dall’Ue, e riportati in Libia: la cifra più alta registrata finora. L’Italia ha continuato a sostenere le autorità libiche per trattenere rifugiati e migranti in Libia, nonostante le diffuse prove di continui abusi nei loro confronti.

Sono stati pochissimi i richiedenti asilo che hanno beneficiato dei programmi italiani di evacuazione dalla Libia; le persone trasferite in Italia sono state 45 a giugno e 93 a novembre. A luglio, il dispiegamento di personale militare e civile italiano in Libia per assistere le autorità di controllo delle frontiere è stato prorogato di un altro anno. Le autorità italiane hanno continuato a fornire alla Libia risorse essenziali per le intercettazioni marittime, compreso un centro di coordinamento marittimo consegnato a dicembre.

Nonostante ciò, a fine anno, oltre 67.477 persone (tra cui più di 9.699 minori non accompagnati) avevano raggiunto l’Italia via mare, per lo più da Libia e Tunisia, un dato in aumento rispetto ai 34.154 arrivi del 2020. Anche le morti nel Mediterraneo di rifugiati e migranti sono aumentate, arrivando a 1.553 a fine anno, rispetto alle 999 dell’intero 2020.

A ottobre, un tribunale di Napoli ha condannato a un anno di reclusione il capitano dell’Asso Ventotto, una nave mercantile. Nel 2018 aveva soccorso in mare oltre 100 persone, tra cui minori, e le aveva riportate illegalmente alla guardia costiera libica. A dicembre, la Corte di cassazione ha annullato la condanna di due uomini africani che avevano protestato contro il tentativo dell’equipaggio della Vos Thalassa, la nave mercantile che li aveva soccorsi, di riportarli in Libia. La corte ha stabilito che il loro comportamento era giustificato dalla necessità di proteggere se stessi e le altre 65 persone soccorse.

Criminalizzazione della solidarietà

Le autorità hanno continuato a reprimere le attività di persone e organizzazioni che assistono rifugiati e migranti alle frontiere, utilizzando sia il diritto penale che misure amministrative.

A settembre, Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, in Calabria, è stato condannato dal tribunale di Locri a 13 anni e due mesi di reclusione per cattiva amministrazione e appropriazione indebita, nonostante i pubblici ministeri avessero riconosciuto che non aveva tratto profitto dalla sua condotta. Per molti anni aveva organizzato un sistema di accoglienza per rifugiati, richiedenti asilo e migranti. La pena è stata quasi il doppio di quella richiesta dai pubblici ministeri.

In Sicilia sono proseguite le cause giudiziarie contro le Ong di soccorso. La procura ha incriminato 21 persone appartenenti agli equipaggi di Iuventa e delle navi di Medici senza frontiere e Save the Children, per “favoreggiamento dell’immigrazione irregolare”, in relazione alle operazioni di soccorso condotte nel 2016 e nel 20172. Le autorità hanno continuato a utilizzare i poteri di controllo dello stato di approdo per ostacolare le attività delle Ong di soccorso e sequestrarne le navi.

 

TORTURA E ALTRI MALTRATTAMENTI

Non sono cessate le preoccupazioni per la tortura e altri maltrattamenti delle persone in carcere e in custodia di polizia, mentre erano in corso diversi procedimenti giudiziari contro i presunti perpetratori. A settembre, i pubblici ministeri hanno formulato accuse di tortura e altri maltrattamenti contro 120 guardie carcerarie e alti funzionari dell’amministrazione penitenziaria, per un pestaggio di gruppo nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, in Campania, avvenuto nell’aprile 2020, che ha riguardato 177 detenuti e ha causato la morte di uno di loro”.

 

 

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