Lettera aperta al Coni: “perché discriminate tanti ragazzi sani, emarginandoli?”

Egregio Presidente dott. Giovanni Malagò,
un paio di giorni fa, mentre seguivo la sua intervista al termine dei giochi olimpici invernali, andata in onda sul canale informativo dell’emittente pubblica, ho sentito alcune sue parole ed ho avuto un sussulto. Non stava parlando dei risultati dei nostri campioni e campionesse, ma dei tanti, tantissimi, troppi ragazzi che non possono più praticare sport.

Sono il padre di una ragazza di dodici anni, a cui ormai da più di un mese è stata negata la possibilità di praticare lo sport che ama in quanto è stata introdotta la regola del super green pass anche per giocare a pallavolo, così come per quasi tutte le altre discipline.
Fino ad allora aveva potuto allenarsi e giocare regolarmente, presentando di volta in volta l’esito di un tampone che ne certificava lo stato di salute.
Non mi soffermerò sui dettagli legali di questa normativa, ma Le farò pochissime semplici domande in quanto Presidente del Coni ed una sola, rivolta proprio a Lei come uomo di sport.
Perché avete avallato l’introduzione di queste norme discriminatorie nei confronti di tantissimi ragazzi sani, una volta che è stato scientificamente provato che anche chi si è vaccinato può contagiarsi e contagiare?

Perché non vi siete minimamente preoccupati della funzione sociale che lo sport ha sulla vita di questi ragazzi, emarginandoli ulteriormente dopo due anni di restrizioni? Per molti di loro era l’unica occasione per stare insieme ai loro coetanei in una situazione di divertimento, impegno, condivisione di esperienze, tutte cose chi pratica uno sport, qualunque esso sia, conosce benissimo.
Perché avete deciso di sostenere una politica che sembra essere spinta più da logiche fideistiche che sanitarie, non tenendo per nulla in considerazione i numerosi eventi avversi che si sono verificati nei ragazzi, specialmente tra gli sportivi, a seguito della vaccinazione? Non avete tenuto in alcuna considerazione che le percentuali di decessi e malattie gravi dovuti al Covid tra i ragazzi fino a 19 anni erano e sono incredibilmente basse.

Perché avete messo le famiglie in una condizione di difficoltà, facendo di fatto sembrare che sia una precisa scelta dei genitori quella di privare i loro ragazzi del diritto a praticare sport e non di politiche discriminatorie nei loro confronti? A me è stato risposto questo dalla società presso la quale mia figlia è ancora tesserata, che si è anche rifiutata di restituire le quote associative versate in anticipo. Non mi soffermerò su questo aspetto, che però ritengo paradigmatico del valore umano di alcune persone.
Infine mi rivolgo a Lei, non come uomo delle istituzioni, ma come uomo di sport, che lo ha sempre praticato e che credo lo pratichi tuttora: cosa proverebbe se un suo compagno di squadra, un suo amico, un suo avversario all’ingresso del campo di gara venisse respinto per questa o per qualsiasi altra ragione legata ad una sua scelta personale nella certezza di non arrecare danno a nessuno?
In fondo la mia è l’enorme amarezza di un uomo, di un padre e di uno sportivo praticante per la situazione che sta subendo sua figlia insieme a tantissimi altri ragazzi e ragazze come lei, che si sono visti sbattere in faccia le porte da chi avrebbe dovuto accoglierli e che va chiamata col suo vero nome: un’enorme ingiustizia.
Le chiedo di adoperarsi per riaprire subito le palestre, i campi e le piscine ai ragazzi, come lo erano prima di questa deriva autoritaria e discriminatoria alla quale vi state prestando con colpevole complicità.

Distinti saluti.
Giuseppe Placidi

La riporta Il Paragone.

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