I luoghi della cultura abbandonati da 4 italiani su 10 durante la pandemia

La crisi è di quelle che più nere non si può. Il settore che include le attività legate a percorsi culturali, di intrattenimento e divertimento e altri servizi ha visto una contrazione del valore aggiunto del 14,6% (fonte: Istat).

L’impatto più rilevante ha riguardato i settori più interessati dalle misure restrittive per la prevenzione dei contagi.

La quota di imprese culturali e di intrattenimento che ha manifestato seri rischi di chiusura è stata superiore al 60% nel 2020 (fonte Istat).

Un gap importante si è registrato tra 2019 e 2020 considerando sia il numero di visitatori che gli introiti dei musei. Nel 2020 sono mancati all’appello 9,7 milioni di visitatori (pari al -69%) – erano 14,1 nel 2019; questo ha avuto un riflesso anche per sugli introiti, se nel 2019 sono stati pari a 80,5 milioni, nel 2020 si sono fermati a 24,5 milioni di euro (-56 milioni di euro, pari a -70%).

Anche nel 2021, l’industria dell’intrattenimento, così come il settore della cultura più in generale, sono stati tra i più colpiti dalla pandemia da COVID-19. E’ quanto emerge da un’indagine dell’Osservatorio Hybrid Lifestyle di Nomisma in collaborazione con CRIF.

Durante il 2021, i luoghi dell’intrattenimento e della cultura maggiormente frequentati (regolarmente, spesso o raramente) sono stati i cinema (39%) ed i musei (36%). Gli italiani, anche se in misura minore, non hanno rinunciato a eventi sportivi (21%), teatri (20%) ed i concerti dal vivo (17%). Tra ottobre e il 24 dicembre 2021 è aumentata la capienza nei luoghi della cultura: teatri, cinema sono tornati al 100% dei posti disponibili, gli stadi al 50% dal 10 gennaio 2022.

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