‘Quello che sta succedendo non mi sorprende. Facebook, come un po’ i grandi social player, fino ad oggi ha vissuto abbastanza indisturbato nel gestire i nostri dati e nello sviluppare i servizi che ci propone in maniera gratuita ma che gratuiti non sono, nel senso che poi il prezzo da pagare è proprio una gestione poco controllabile dei propri dati e delle proprie informazioni. E i nostri diritti e libertà, a cui siamo abituati nei contesti analogici o nei contesti controllati, quindi quelli che sviluppiamo dietro la remunerazione, rischiano di essere limitati in maniera eccessiva’. Raggiunto dalla Dire, il presidente di Anorc Professioni, Andrea Lisi, commenta con queste parole la notizia del blocco e dell’oscuramento da parte di Facebook di un gruppo 100mila medici italiani, dopo che l’algoritmo ha scambiato discussioni scientifiche su studi pubblicati per fake news.
Lisi spiega che ‘il problema che è oggi Facebook e anche altri contesti social sono cresciuti a dismisura, ormai gestiscono veri e propri continenti digitali, dove le nostre manifestazioni del pensiero vanno avanti sia a livello professionale che personale. In questo caso c’era addirittura una community di scienziati, medici che utilizzavano quella piattaforma in maniera forse un po’ ingenua o inconsapevole dei rischi che quel tipo di confront poteva generare in un ambiente gratuito, ma ‘pelosamente’ gratuito, e quindi nel momento in cui gli algoritmi, che non conosciamo perché non sono aperti (non sappiamo nemmeno come funzionino questi algoritmi), avranno individuato delle semplice parole da bloccare, hanno pensato bene di fermare uno spazio di dibattito che invece aveva portato addirittura quei medici ad arrivare a confrontarsi con il ministro della Salute, magari per portare alla sua attenzione proposte utili per combattere questo virus che ci sta infastidendo tutti. Il problema grosso è che spazi così grandi andrebbero invece regolamentati con attenzione, a mio avviso, a nostro avviso, perchè penso di poter parlare a nome dei professionisti di Anorc Professioni. E noi come professionisti attenti proprio a questo tipo di tematiche, continuiamo a sostenere che, ormai, spazi così illimitati, così giganteschi, con miliardi di identità che si confrontano a livello personale e professionale andrebbero regolamentati a livello internazionale e, soprattutto, andrebbero tutelati I diritti e le libertà di tutte le persone, di tutti cittadini che li utilizzano ormai da tanto tempo’.
– Presidente, partendo dunque dalla considerazione che Facebook ha agito secondo legge, cosa fare perché episodi del genere non si ripetano?
‘Facebook, in verità, ha agito secondo le sue condizioni generali di utilizzo, non ‘ex lege’. Anzi, ha agito secondo la legge che si è data. Il problema è questo: oggi i social sono una sorta di ‘Far web’. Quindi noi accettiamo, nel momento in cui li utilizziamo, quel tipo di servizi a cui ci siamo affezionati, a cui ci hanno fatto affezionare, diciamola tutta, alla fin fine ci hanno portati ad affezionarci a questo mondo, facendoci credere che all’interno di quel mondo sia libero, quando invece libero non è, perché il controllo da parte di questi algoritmi avviene per due motivi. Prima di tutto, per evitare la responsabilizzazione diretta da parte di Facebook stessa, dunque, per evitare di essere responsabilizzato a causa di contenuti scomodi, Facebook ha aumentato il controllo di questi algoritmi, che tante volte sbagliano e quindi cancellano anche notizie che, invece, avrebbero diritto di rimanere all’interno di quell contesto, ma piuttosto che operare una verifica puntuale all’interno di contenuti che ormai sono smisurati, cerca naturalmente di fare pulizia e tante volte lo fa a discapito di tantissimi account e profili o gruppi di discussione che, invece, meriterebbero di rimanere, di permanere all’interno di Facebook. Dall’altra parte, effettivamente, Facebook è ormai anazionale, cioè prescinde dagli Stati nazione, ha assunto una dimensione tale che si può contrapporre anche a livello di potenze economiche, a livello ormai di regolamentazione rispetto a quello che un giudice potrebbe sostenere. La giurisprudenza ormai non riesce a piegare questa evoluzione, l’unico modo è arrivare, non lo dico io ma lo diceva Giovanni Buttarelli, l’ex Garante europeo che purtroppo è venuto a mancare, il quale proponeva un coordinamento tra Authority, prima di tutto a livello europeo, poi magari a livello internazionale e che potessero piano piano regolamentare i dettagli di un mondo che sta diventando veramente gigantesco e incontrollabile. Vi ricordo, giusto per renderci conto dei pericoli, che da poco Zuckerberg ha immesso sul mercato occhiali Ray-Ban collegati a Facebook stessa, con l’intenzione di abituarci sempre di più ad essere online costantemente, in modo che non ci renderemo più conto di quando siamo nel mondo reale e quando saremo nel mondo digitale. Anche perché il suo sogno è il ‘Meta mondo’, il ‘Meta universo’. Quindi vuol dire che noi piano piano andremo ad assuefarci così tanto all’interno del modo digitale da non renderci conto neanche della differenza con quello analogico. Il problema è che quel mondo digitale rischia di non avere le stesse tutele costituzionali per le quali ci stiamo battendo e ci siamo battuti nel passato. Quindi, i nostri diritti e le libertà rischiano di non riuscire più ad ottenere le ragioni che si sono conquistate all’interno di un mondo che avrà invece le sue tutele, le sue regole tutte private e tutte dettate dagli interessi commerciali di chi l’ha costruito’.
– Presidente Lisi, la vicenda dei 100.000 medici è una vicenda che ha imboccato una strada senza uscita, una via del non ritorno o si può tornare indietro e correggere quanto accaduto?
‘Non bisogna tornare indietro. Le tecnologie sono utili, non pensiamo che oggi le intelligenze artificiali, i social stessi, l’utilizzo della telematica e del digitale all’interno dei vari contesti anche professionali come la telemedicina, la sanità digitale se parliamo di questo, non siano utili. È utilissimo utilizzare oggi questo tipo di tecnologie, anche in maniera professionale oltre che per scambiarsi opinioni e quindi anche nel privato. Il problema grosso è che sono strumenti e dovrebbero rimanere strumenti in mano a cittadini o professionisti. Perché rimangano strumenti, per fare un esempio quindi, se facciamo l’esempio del coltello, che può essere preso dalla parte del manico e non da quello della lama, in questo caso qui ci vuole una forte consapevolezza da parte di cittadini e professionisti, in modo che piano piano riescano a convincere anche la politica ad interessarsi in maniera seria di un problema che è emergenziale. A mio avviso oggi abbiamo due grandi emergenze che appartengono alla nostra Terra: da una parte è bastonata dal punto di vista climatico, e c’è sicuramente l’emergenza climatica, dall’altra c’è l’emergenza digitale, perché il problema grossissimo è che ormai le nostre esistenze non sono poggiate più su un mondo che prima controllavamo, come quello analogico, ma adesso c’è il mondo digitale che, paradossalmente, è più reale di quello analogico. Perché ci siamo infilati lì dentro e lì dentro ci vogliono le stesse regolamentazioni che prima i giudici, quindi la giurisprudenza ed il legislatore riuscivano a controllare, a regolamentare nei dettagli. Quelle regolamentazioni andrebbero piano piano adattate all’interno di quel mondo e, soprattutto, piegati gli interessi commerciali che le dominano. In modo che il signor Zuckerberg e tutti gli altri si rendano conto alla fin fine che gli interessi commerciali hanno quanto meno il limite dei diritti e le libertà fondamentali di noi cittadini. Ecco, almeno questo’.
– Anche perché, è un dato di fatto che quanto accaduto abbia penalizzato non solo i medici ma anche cittadini!
‘Eh sì, perché alla fin fine dietro soprattutto nella medicina ci sono interessi di noi tutti, parliamo del resto di sanità pubblica. Quindi il paradosso è questo: sull’onda di una regolamentazione privata e di interessi particolari, questa organizzazione, pur se gigantesca ha suoi interessi commerciali, che non coincidono con quelli di noi cittadini, ha pensato bene di bloccare una piattaforma che comunque era piattaforma di scambio ed era utile, (poi magari c’era anche qualche scontro, c’era qualche medico che non era d’accordo con certe posizioni, ma lo scambio è fatto di questo e del resto stiamo parlando di un ambiente riservato solo a medici, quindi di grande interesse per lo sviluppo delle armi anche contro il Covid). Però se a dettare legge sono algoritmi studiati soltanto da qualcuno per interessi commerciali, il rischio è che quegli algoritmi sbaglino e non c’è nemmeno la possibilità che un giudice, in tempi brevi, riesca a rimettere in sesto la situazione. Tant’è che, a quanto ci dicono i moderatori di quella pagina, di quel gruppo, Facebook a quanto pare non si è degnato neanche di rispondere alle sollecitazioni, alle spiegazioni che loro richiedono. E intanto passano giorni senza che quei medici possano continuare a confrontarsi, magari su argomenti seri. Il problema è questo. A me è capitato di chiacchierare con un piccolo editore, con una piccola casa editrice, che mi ha detto: ‘Se vuole fare una collana con noi, magari con professionisti amici, dobbiamo andare su Amazon. Ma non si preoccupi, non ci sarà una lievitazione dei prezzi, perché tanto Amazon non ci chiede neanche una percentuale per vendere, perchè siamo talmente piccoli che a loro interessa solo profilare l’acquirente. L’importante è essere lì dentro, in modo che loro possano continuare a profilare i gusti degli acquirenti e a capire quali acquirenti siano interessati all’acquisto di quell volume’. Ormai dobbiamo renderci conto che tutto quello che ci appare gratuito in questi mondi, in questi ‘meta mondi’, non è nel nostro interesse perché di fatto la mercificazione è nostra, siamo noi sostanzialmente la merce, siamo noi che siamo sottoposti ad una commercializzazione costante. E non abbiamo difese se non sono gli Stati piano piano a rendersi conto che quei presidi costituzionali che ci appartengono, o almeno appartengono alle nostre democrazie, quei presidi vanno sviluppati all’interno di quel mondo, vanno manutenuti all’interno di quel mondo, invece sono alla mercé di grandissimi player’.
– Presidente Lisi, i prossimi 100.000 medici dove si potranno riunire nella massima sicurezza, rimanendo però al passo con I tempi?
‘Intanto il problema grosso è capire se quella pagina, quel contesto comunque social è stato veramente cancellato, e speriamo che sia solo stato sospeso e che magari tra qualche giorno venga riattivato anche in seguito alle pressioni mediatiche che sta subendo Facebook, però se è stato addirittura cancellato, il problema è che tutti quegli account non saranno facilmente recuperati. Ci sono, cioè, 100.000 account social di Facebook di medici che rischiano di non ritrovarsi, perché per ritrovarsi quantomeno il moderatore dovrebbe chiedere, e potrebbe ottenerlo, ma lo dovrebbe fare magari attraverso un professionista specializzato in protezione dati personali, dovrebbe fare una richiesta di accesso a tutti quei dati, quegli account social che prima gestiva e che da un giorno all’altro sono stati cancellati, per riottenerli in modalità interoperabile, in formato interoperabile, in modo magari, se c’è l’interesse, da poterli recuperare, aggiornare su quanto successo e trovare magari uno spazio più professionale dove ritornare a confrontrarsi. Ci sono altri spazi social più professionali, magari con un piccolo pagamento da parte di tutti riescono ad andare in un sistema che invece è stato pensato, proprio perché a pagamento, nell’interesse di coloro che retribuiscono quel servizio, senza altri interessi che tante volte sono poco trasparenti’.
– Quindi, una sorta di pulizia della fedina penale!
‘Parlerei piuttosto di pulizia dello strumento. Tante volte il problema grosso è che non ci rendiamo conto che quando entriamo su Facebook, soprattutto per scopi professionali, stiamo pagando un prezzo salatissimo. Ci esponiamo fondamentalmente a condizioni generali che non sono state sviluppate nel nostro interesse, ma soltanto nell’interesse di colui che ha costruito questa piattaforma, sostenendo che sia gratuita. E sulla base della gratuità, però, poi ci espone a tanti rischi, ci fa piegare alla fin fine a regole che non sono state pensate per noi. Se invece paghiamo, e quindi andiamo verso il business almeno quando gestiamo professionalmente determinati servizi, paghiamo il giusto, ma con condizioni generali che sono state pensate per noi e con profilazioni che, invece, sono controllate oppure, se queste profilazioni sono state richieste da noi, siamo noi a avilupparle nel nostro interesse. Ecco, quindi, che il concetto di custodia del dato viene ribaltato’.
(agenzia Dire)