“Messi a tacere”, cosa è davvero successo nelle case di riposo in Italia svelato da Amnesty International

Il briefing “Messi a tacere e inascoltati” è frutto di una ricerca di Amnesty International Italia e dell’ufficio regionale europeo di Amnesty International sulle violazioni della libertà d’espressione e d’associazione, ivi compreso il diritto a riunirsi in sindacato, ai danni del personale sanitario e sociosanitario nelle strutture di residenza sociosanitarie e sociosanitarie durante la pandemia da Covid-19 in Italia. La ricerca rivela che operatori/trici sanitari/e e sociosanitari impiegati nelle strutture residenziali per anziani che hanno segnalato le precarie e insicure condizioni di lavoro durante la pandemia da Covid-19 sono stati/e sottoposti/e a procedimenti disciplinari iniqui e sono andati/e incontro a ritorsioni da parte dei datori di lavoro.

Per condurre la ricerca, tra febbraio e agosto del 2021 Amnesty International ha parlato con 34 professionisti/e e operatori/trici presenti nelle strutture residenziali durante la pandemia da Covid-19, così come con avvocati, esperti/e del settore e sindacalisti. Ne è emerso un quadro di un settore altamente femminilizzato (circa l’85% del totale) e sotto alta pressione a causa della mancanza di personale, degli stipendi bassi e delle pericolose condizioni di lavoro: il tutto, nel contesto della peggiore pandemia degli ultimi 100 anni.

Un terzo delle persone intervistate da Amnesty International ha parlato di un clima di paura e di ritorsioni sul posto di lavoro. Gli avvocati hanno riferito di più di dieci di casi di procedimenti disciplinari e di licenziamenti, riguardanti anche rappresentanti sindacali che avevano denunciato la mancanza di adeguate misure sanitarie e di sicurezza in varie strutture residenziali.

Invece di affrontare le preoccupazioni e denunce del personale sui rischi di contagio, sull’uso dei dispositivi di protezione individuale e le misure di sicurezza nelle strutture residenziali, i datori di lavoro hanno messo a tacere operatrici e operatori, emesso licenziamenti ingiusti e assunto misure anti-sindacali.

La legge sui whistleblowers, entrata in vigore in Italia nel 2017, protegge coloro che denunciato comportamenti scorretti sul posto di lavoro. Tuttavia, non garantisce loro adeguata protezione per quanto riguarda la riservatezza e l’indipendenza nel settore privato, che gestisce il 73% delle strutture residenziali in Italia. Le autorità italiane devono proteggere tutti/e gli/le operatori/trici sanitari/e e sociosanitari/e nelle strutture del settore privato.

Il personale in servizio nelle strutture residenziali durante la pandemia e i sindacati hanno sollevato anche serie preoccupazioni riguardo alle cattive e insicure condizioni di lavoro, ai lunghi turni di lavoro senza adeguato riposo e alle inadeguate ispezioni del lavoro. La pandemia ha colpito duro tra il personale delle strutture residenziali. Secondo le statistiche ufficiali, il 65,6% del numero complessivo di lavoratori/trici che hanno contratto il Covid-19 sul posto di lavoro sono operatori/trici sanitari/e e sociosanitari/e; questi includono, in particolare, infermieri e personale tecnico (37,6%), operatori sociosanitari (25,4%) e medici (8,6%). Inoltre, il 24,1% dei/lle lavoratori/trici che sono deceduti dopo aver contratto il Covid-19 sul posto di lavoro sono lavoratori sanitari e assistenziali, tra cui infermieri e personale tecnico (10,3%), operatori sociosanitari (7,7%) e medici (5,7%).

Lavoratrici e lavoratori del sociosanitario hanno anche sollevato preoccupazioni relative a problemi strutturali già vivi prima della pandemia, dalla mancanza di personale, ai bassi salari e alle condizioni di lavoro. Il Covid-19 ha poi esacerbato queste condizioni e sottoposto il personale a turni estenuanti senza riposi adeguati.

Non siamo stati capaci di protestare (..), siamo perennemente sotto ricatto. C’è una bassissima sindacalizzazione da noi, perché se vengono a sapere che sei iscritto al sindacato ti fanno fuori professionalmente. Solo i dipendenti sono in genere iscritti al sindacato. – Fisioterapista, Lombardia

Era come essere in guerra, non combatti perché il tuo responsabile ti ordina di combattere, ma perché il soldato a cui sei vicino ha bisogno che tu ci sia. Ora ho incubi con episodi di guerra. L’ho sentito dire da molti, credo che il disturbo post-traumatico da stress sia quello che stiamo vivendo. All’epoca ho resistito perché avevo paura che se fossi crollato io, sarebbe crollato tutto. Era difficile per me ottenere un sostegno psicologico. Nei prossimi mesi sarà di nuovo guerra. Sono un appassionato di film horror e di quel genere, di cui ho un’ottima conoscenza, ma hanno rovinato la passione per i miei film preferiti, i film si sono avvicinati alla realtà – Operatrice sociosanitaria, Lombardia

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