Il green pass rischia di paralizzare le aziende e il Paese. Gli imprenditori sono preoccupatissimi.

Cosa succederà se chi non è vaccinato non verrà a lavorare e si farà sospendere? Sono milioni gli italiani non vaccinati. Cosa succederà nei porti e nei trasporti con i lavoratori stranieri, molti non vaccinati o vaccinati, ma con preparati non riconosciuti in Italia? La denuncia arriva da molte parti. “Lei non ha idea del caos che scoppierà nelle aziende il 15 ottobre”, dice Luca Zaia a un’intervista a Repubblica. “Sì, perché non saremo in grado di offrire a tutti i non vaccinati un tampone ogni 48 ore. Gli imprenditori con cui parlo io sono preoccupatissimi”.

Nelle aziende in molti cercano soluzioni creative, c’è chi ha pianificato tamponi a raffica. Li vedi arrivare in farmacia con l’agenda per prenotare l’esame che permette di avere il green pass per 48 ore, da qui a Natale. Altri pensano di farsi sospendere in tutto o in parte. Non possono o non vogliono pagare più d’un tampone alla settimana. Sempre di più chiedono che siano le aziende a farsi carico dei costi dei tamponi. Il caos, insomma, regna sovrano.

E’ scesa in campo anche Confindustria Emilia Romagna, il cui presidente, Valter Caiumi, in un’Intervista al Corriere avanza tre richieste che mostrano come anche i datori di lavori abbiano dei forti timori che tutto possa proseguire in modo liscio. Le richieste sono:

  • ritardare di 15 giorni l’introduzione di green pass nei posti di lavoro,
  • test della durata di 72 ore, non solo quelli molecolari, ma anche quelli genici;
  • la possibilità per i lavoratori di fare da soli i test, magari con supervisione di personale aziendale preparato.

Tre proposte di un minimo di buon senso, che faciliterebbero fortemente ai lavoratori non vaccinati di poter proseguire l’attività lavorativa senza disagi eccessivi e, quindi, senza il desiderio di prendersi tutti le ferie, o di lasciare il lavoro all’introduzione del Green Pass.

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