Il nostro Paese si colloca in fondo alla posizione nella graduatoria europea dell’istruzione. Lo certifica l’Istat nel suo ultimo rapporto.
Nel 2020 solo il 62,8 per cento della popolazione di 25-64 anni possiede almeno un diploma di scuola secondaria superiore, 16,3 punti percentuali al di sotto della media europea e superiore solo a Portogallo (55,4 per cento) e Malta (57,6 per cento). La maggior parte delle differenze con la Ue27 è imputabile, più che alla quota di diplomati, alla componente di popo- lazione laureata: appena il 20,1 per cento degli individui di 25-64 anni risulta aver conseguito un titolo terziario in Italia, contro il 32,5 per cento in Ue. Anche la crescita rispetto al 2008 è più lenta nel nostro paese (+5,8 punti percentuali contro +9,4 in Ue27) con un conseguente aumento del divario. È da notare anche che in Spagna, dove la quota di popolazione con al- meno un diploma di scuola secondaria superiore è del tutto comparabile, è più ampia rispetto al nostro Paese la componente dei laureati. Solo in Romania la quota di questi ultimi è minore.
Il valore riferito alla popolazione di 25-64 anni è il prodotto dei più bassi livelli di istruzione delle passate generazioni ma il quadro è critico anche con riferimento al segmento più giovane. Per i 30-34enni in Italia l’incidenza di diplomati è più alta rispetto alla media europea (46 per cento contro 43 per cento), con punte che riguardano più di un giovane su due tra i maschi del Nord-est e del Centro. Tuttavia a questo conseguimento del diploma non corrisponde un adeguato completamento del percorso universitario. Nel nostro Paese vi è infatti una minore propensione dei giovani a proseguire con successo gli studi dopo il con- seguimento della scuola secondaria superiore.
Solo il 27,8 per cento (contro il 40 per cento dell’Ue) dei nostri 30-34 anni è laureato. Siamo al penultimo posto, davanti solo a Romania, una posizione peggiore di quella osservata nel 2008, quando precedevamo Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania; da allora la crescita dell’incidenza di laureati è stata più lenta rispetto alla media Ue27 (8,6 contro 10,8 punti per- centuali). La distanza dalla media europea è ampia anche per le donne, che pure hanno una maggiore probabilità di laurearsi rispetto agli uomini. Esse sono al 34,3 per cento, al penultimo posto tra i paesi Ue (-11,9 punti percentuali) con un divario di circa 17 punti percentuali rispetto a Francia e Spagna almeno in parte riconducibile alla diffusione, in questi paesi, dei corsi biennali professionalizzanti, che in Italia sono ancora praticamente assenti nel sistema dell’alta formazione. I maschi in Italia, con appena il 21,4 per cento di laureati, sono ultimi (-14,3 punti percentuali dalla media Ue).
La situazione è ancor più critica e in peggioramento nel Mezzogiorno, che presenta differenze contenute per i diplomati ma quote di laureati particolarmente basse. Anche nelle aree in cui l’incidenza di giovani laureati è più alta, la distanza con i coetanei europei è note- vole: 10 punti per i maschi del Nord-ovest e 4 per le femmine del Centro.
Anche le giovani generazioni che hanno concluso nell’a.s. 2017/2018 la scuola secondaria superiore, continuano ad avere un tasso di conseguimento1 del diploma molto elevato che raggiunge l’89,0 per cento (sintesi del 92,0 per cento per le femmine e 87,0 per cento per i maschi), collocando l’Italia al secondo posto in ambito OCSE.
La vera criticità è costituita dai bassi tassi di conseguimento di un titolo terziario, nonostante nell’ultimo decennio la dinamica sia stata nel nostro Paese più accentuata rispetto alla media europea (+40 per cento tra il 2008 e il 2020, contro il 26 per cento nell’Ue27). Nel nostro Paese soltanto il 35 per cento della popolazione con meno di 30 anni lo ha conseguito, superando solo Germania (33 per cento) e Svezia (28 per cento). Come negli altri paesi europei, in Italia le studentesse sono avvantaggiate (42,3 per cento contro 28,9 per cento).