Covid: dove sono morti i nostri cari. Ce lo dice l’Istat

“Il picco di mortalità osservato a marzo e aprile 2020 si è verificato con intensità differente nei vari luoghi di decesso e in modo diverso per genere. In tal senso, il confronto con quanto osservato nel bimestre precedente rispetto alla media del quinquennio 2015-2019 evidenzia gli effetti della fase iniziale della pandemia nella distinzione tra i luoghi di decesso. – scrive l’Istat nel suo ultimo rapporto

Negli istituti di cura si osserva l’aumento maggiore in termini assoluti, come atteso in con- comitanza di una crisi di questo tipo; tra gli uomini, la mortalità direttamente attribuibile al COVID-19 spiega l’intero incremento mentre per le donne, se si escludono i decessi per COVID-19, si osserva un numero inferiore rispetto alla media 2015-2019 (Figura 2.18). Nelle strutture residenziali e socio-assistenziali si ha l’aumento in proporzione più elevato (del 153 per cento), leggermente più marcato tra gli uomini, e solo una quota dell’incremento è diret- tamente collegata al COVID-19. Crescite consistenti della mortalità si riscontrano anche nelle abitazioni, 32 per cento tra gli uomini e 24 per cento tra le donne, solo marginalmente spiegati dal COVID-19. Negli hospice la mortalità è rimasta quasi costante ma l’aumento del 3 per cento è tutto attribuibile al COVID-19.

Per spiegare le differenze osservate è utile esaminare la diversa funzione dei luoghi conside- rati in relazione al fenomeno della mortalità in un contesto emergenziale.

Gli istituti di cura sono i luoghi deputati al trattamento di malattie, in particolare allo stato acuto. Sono pertanto le strutture che accolgono i malati in corrispondenza di epidemie e che maggiormente risentono dell’aumento di mortalità a seconda del livello di letalità delle pato- logie. L’insieme delle strutture residenziali e socio-assistenziali include tipologie con finalità diverse, tra le altre: le Residenze sanitarie assistenziali (Rsa), strutture socio-sanitarie dedi- cate ad anziani non autosufficienti; le case di riposo, con ospiti anziani, ma almeno parzial- mente autosufficienti che non hanno bisogno di assistenza continua; le strutture residenziali per persone di tutte le età non autosufficienti per disabilità di natura fisica o mentale, anche temporanea. Sono pertanto strutture con pazienti fragili, ma non provviste di strumenti per affrontare crisi sanitarie. Inoltre, durante i mesi di marzo e aprile 2020, quando le conoscenze sulla contagiosità e letalità del virus non erano ancora ben note, alcune Rsa sono state utilizzate per pazienti affetti da COVID-19 che non potevano essere ricoverati negli ospedali sovraffollati, contribuendo a una diffusione del virus tra persone fragili.

Gli hospice, invece, risentono in misura limitata di picchi di mortalità in quanto sono strutture di ricovero e di assistenza per malati terminali, il cui numero di posti letto non può variare repentinamente. Infine, le abitazioni possono accogliere persone con patologie trattabili a domicilio pur non essendo, evidentemente, luoghi adibiti a tale compito.

Nel periodo in oggetto, l’aumento di mortalità nelle abitazioni può essere derivato da fattori connessi alla sofferenza del sistema sanitario: pazienti COVID-19 non ricoverati per sovraf- follamento degli ospedali; casi di COVID-19 non diagnosticati, spesso confusi con polmoniti; malati di altre patologie a cui non è stato possibile assicurare adeguato supporto; pazienti terminali assistiti a casa per scelta o per mancanza di posti negli hospice.

Anche le differenze per genere possono dipendere dalla diversa natura dei luoghi e dalla strut- tura per età degli ospiti. La variazione di mortalità più forte tra gli uomini, rispetto alle donne, osservata negli istituti di cura (+63 per cento rispetto a +28 per cento) e nelle abitazioni (+32 per cento contro +24 per cento) rispecchia la mortalità maschile più elevata riscontrata com- plessivamente nei due mesi. Tale differenza si attenua nelle strutture residenziali e socio-assistenziali e si inverte negli hospice che ospitano per lo più pazienti anziani in cui la componen- te femminile è prevalente.

Negli istituti di cura, dove la mortalità nel primo bimestre 2020 è lievemente in crescita solo per le malattie mal definite (+3 per cento), si riscontra nel secondo bimestre un fortissimo aumento dei casi di polmonite e influenza (+173 per cento), insieme a un ulteriore incremento delle malattie mal definite (+7 per cento). La diminuzione della mortalità per tumore negli istituti di cura a marzo-aprile (-2.024 casi) è controbilanciata da incrementi nelle abitazioni (+1.945 casi); analogamente, la mortalità per malattie circolatorie diminuisce negli istituti di cura e aumenta nelle abitazioni e nelle strutture residenziali e socio-assistenziali. Questo andamento sembra conseguenza di una minore ospedalizzazione per queste patologie nella prima fase della pandemia.

Nelle abitazioni, nel primo bimestre 2020, la mortalità per tutti i gruppi di cause considerati è inferiore a quella media dello stesso periodo 2015-19, mentre è in forte aumento nel secondo bimestre quando, in particolare, cresce la mortalità per polmoniti e influenza (+165 per cento).

Negli hospice la mortalità complessiva nel 2020 è rimasta quasi invariata rispetto ai livelli medi degli anni precedenti in entrambi i bimestri. Nel secondo, tuttavia, si rileva un forte aumento percentuale del numero dei morti per polmoniti e influenza, pure se con valori assoluti conte- nuti (da 16 a 72 decessi), compensato dalla diminuzione dei morti per tumore (-7 per cento). Infine, nelle strutture residenziali e socio-assistenziali, a fronte di una sostanziale stabilità della mortalità nel primo bimestre si osserva nel secondo un aumento per tutti i gruppi di cause considerati, in particolare per polmoniti e influenza (+614 per cento)”.

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